Si è diffuso on line, secondo l’abitudine ormai sempre più frequente di divulgare quasi con atteggiamento di compiacente ostentazione il compimento di azioni di terribile efferatezza, il video di un nuovo, ennesimo atto di crudeltà dei confronti di un animale: infatti al culmine di una festa di compleanno tenutasi in un agriturismo di Anagni, in provincia di Frosinone, uno dei giovani invitati ha ucciso, straziandola a calci, una piccola capretta. Il tutto, ovviamente, documentato con riprese video ed altrettanto ovviamente, condiviso in rete.

Dopo il cane condannato al rogo da un gruppo festante di giovani, forse accusato di stregoneria, o al gatto impiccato perché probabilmente reo di alto tradimento, ecco che con la ripresa del campionato di calcio, una povera capretta viene scambiata per un pallone ed uccisa a calci: il tutto, ovviamente, sotto una attenta regia per poter sottoporre al VAR o alla moviola il gesto atletico.
Per chi fosse interessato alla visione, che in questo articolo non intendiamo deliberatamente replicare, la può agevolmente trovare on line.
E’ solo l’ultimo episodio che ha visto come protagonista una bestiola indifesa.
Non proveremmo neppure ad indagare gli aspetti psicologici, sociologici, di queste azioni; a ricercare le ragioni del disagio in conseguenza del quale le stesse vengono compiute e documentate, non solo in una apparente inconsapevolezza dei gesti, ma addirittura quasi con orgogliosa ostentazione.
Intendiamo invece soffermarci sugli aspetti legali della vicenda, ed in particolare delle conseguenze sotto il profilo penale dell’azione compiuta dal giovane protagonista del video, perché il suo gesto è tale da configurare una precisa ipotesi di reato.
Recita infatti l’art. 544 ter del codice penale, introdotto dalla l. 20 luglio 2004, n. 189.: “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.
La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.
La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell’animale.”

Con l’inciso “per crudeltà o senza necessità” la norma ha evidentemente consentito tutta una serie di attività umane e sociali connesse alla soppressione di animali, quali pesca, caccia, allevamento, trasporto, macellazione, sperimentazione scientifica, giardini zoologici, etc.; tale precisazione si presta ancora a critiche ed obiezioni morali da parte di chi – per propri convincimenti personali di natura etica, filosofica o religiosa – non tollera alcuna soppressione o sfruttamento degli animali: tutte obiezioni che comunque prescindono dall’attuale contesto.
L’art. 544 ter del codice penale è stato introdotto al fine di apprestare una tutela più incisiva agli animali, i quali peraltro non ricevono diretta copertura legislativa, poiché resta ferma la tradizionale impostazione che nega un certo grado di soggettività anche agli animali. Conseguentemente la norma garantisce il rispetto del sentimento per gli animali, inteso come sentimento di pietà.
Prendendo spunto dal fatto di cronaca veniamo ora ad esaminare, seppur senza pretese di trattazione sistematica della materia, alcune fattispecie previste da norme penali che tutelano gli animali e sanzionano alcune condotte umane contrarie al trattamento non consono degli stessi.
La stessa legge 189/2004 ha introdotto oltre all’art. 544 ter del codice penale altre figure di reato, quali quelle previste, ad esempio all’art. 544-quater dello stesso codice (Spettacoli o manifestazioni vietati), che sanziona chiunque organizza o promuove spettacoli o manifestazioni che comportino sevizie o strazio per gli animali; o dall’art. 544-quinquies (Divieto di combattimenti tra animali), che punisce chiunque promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l’integrità fisica.
Oltre a modifiche al Codice Penale la Legge 189/2004 ha previsto altre forme di tutela degli animali, ad esempio vietando l’utilizzo di pelli di gatto o cane per la realizzazione, anche parziale di capi di abbigliamento e la loro importazione.

A completare la rapida carrellata sulle norme che proibiscono alcune azioni umane rispetto agli animali, non si può dimenticare quanto previsto dall’art. 727 Codice Penale, rubricato come “Abbandono di animali”, previsione che sanziona con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività: fenomeno purtroppo tristemente frequente a ridosso delle vacanze estive.

Tale norma prosegue inoltre precisando che “Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”.

Dove non è sufficiente un normale atteggiamento di consapevole modo di trattare gli animali, interviene dunque la norma a disciplinare la condotta umana, ed a sanzionare quei comportamenti che si ritengono insopportabili per gli animali e per il comune sentire. Ciò detto, il procedimento penale che seguirà la condotta del giovane che ha brutalmente ucciso la capretta, servirà a lui – e ad altri come lui – per evitare simili condotte per il futuro.
Almeno, questo è ciò che ci auguriamo.
Commenti
Gaia Milazzo
Buon pomeriggio Avvocato, ma è stato denunciato il delinquente?
carta
Si, ma il procedimento sembrerebbe non arrivare ad una definizione.